Pagina:Delle istorie di Erodoto (Tomo III).djvu/245

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cide, dico il vero che non posso più farmi contradittore degli oracoli, né ammetter per buono che altri li contraddicano.

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|78. I duci ellenici intanto seguitavano fra di loro a contendere in Salamina. E niente sapevano ancora della mossa accerchiante dei Barbari; ma li credevano sempre fermi dove li avevano veduti stanziare durante il giorno.

79. Mentre poi durava il dibattimeuto fra i duci ellenici, avvenne il passaggio di Aristide dall’isola di Egina: di quell’Aristide, figlio di Lisimaco, cittadino ateniese, che era stalo cacciato in bando dal popolo per ostracismo (27); e che, per la notizia da me avuta delle sue qualità, predo che sia stato il migliore e più giusto uomo che abbia mai vissuto in Atene, Egli, adunque, fermatosi all’ingresso del parlamento, fece chiamar fuori Temistocle; il quale, non che essergli amico, aveva anzi con’ Aristide l’animo molto grosso. Ma questi preoccupato massimamente dalla gravità delle cose, e messa in dimenticanza l’antica ruggine, fece (come dicemmo) chiamar fuori Temistocle, desiderando parlargli. E già aveva antecedentemente saputo, come i Peloponnesi insistevano, perchè il naviglio ellenico si tramutasse subito verso l’Istmo. Uscito poi che fu Temistocle dal parlamento, l’altro io affrontò con queste precise parole; Se in ogni altra occasione, nella presente massimamente, la nostra emulazione deve consistere d’ora innanzi in questo: in procurare, cioè, ognuno di noi il maggior bene possibile alla patria. Ti dico poi che, ai termini cui son condotte le cose, a niente servono più imolte poche parole di codesti Peloponnesi sul punto