Pagina:Delle istorie di Erodoto (Tomo III).djvu/377

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SUO. Al domani poi i Greci ( che per tutto quel giorno non si mossero) otteuaero propizi auguri per bocca del loro indovino Dei fono, figlio di Evenio, e nativo della città di Apollonia giacente sul mare Ionio (17).

93. Di detto Evenio poi, padre di Deifono, si racconta il fatto che son per dire. Sono in Apollonia certe pecore sacre al Sole, le quali, durante il giorno, pascolano sulle rive del fiume che scende giù dal Lacmone, poi si scarica in mare presso al porto di Orico; e di notte sono custodite da un’eletta di ricchi e nobili cittadini, ciascuno dei quali dura in ufficio un anno, e poi si scambia. Imperocché gli Appolloniati (a cagione di un certo oracolo) hanno in grandissima riverenza codeste pecore, le quali ricoverano in un antro lontano dalla città. Ora. essendo toccata una volta ad Eveuio la guardia del sacro armento; e addormentatosi egli una tal notte invece di cuBtodirlo; avvenne che i lupi s’introdusser nell’antro e divorarono una sessantina di quelle pecore. Del qual fatto come s’accorse Evenio, tacque e non lo ridisse a persona, intendendo egli di sostituire alle pecore scomparse altrettante pecore comprate. Ma agli Apolloniati non sfuggì l’accidente. E, quando ebbero presa esatta cognizione di tutto, citarono Evenio in giudizio, e quindi lo condannarono ad essere privato degli occhi, come ammenda dovuta alla sua negligenza. Ma da quel giorno, né più le sacre pecore partorivano, né le terre apolloniche più davano i loro frutti. Onde, consultati gli oracoli di Dodona e di Delfo per aver la ragione di tanta calamità, i profeti risposero che i lamentati guai provenivano dall’ingiusto accecamento di Evenio. Imperocché i Numi stessi erano quelli che avevano spinti i lupi nell’antro;

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