Pagina:Delle notti di Young traduzione di Giuseppe Bottoni e del Giudizio universale dello stesso Young.djvu/103

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notte. 77

Non è forse una vasta immensa tomba
Il mondo istesso? È la gran madre antica
Per se sola infeconda; e quanto in essa
Nasce, da quanto si scompone, e sface
180Ha l’origine sua. Quanto è de? sensi
Alimento, e piacer, tutto è sostanza,
Che più vita non ha. L’uomo si pasce
Di morte spoglie altrui, come su quelle
Nasce, vegeta il verme. E qual si trova „
185Polve, che un dì delle vitali forme
Rivestita non fosse? Il curvo aratro
Frange degli avi nostri i tristi avanzi.
Questi fa poscia nelle altere messi.
«Cerere Biondeggiar. Con questo dono
190Si rifanno da noi con varie -guise
Della macchina i danni. I più scoperti
5trati d* ogni terren ceneri sono
Degli abitanti suoi, e la sua Tolge
Esterna spoglia il nostro globo in giro
195Tutta composta di color che vivi
Vide P antica età". Da noi si ride,
Si festeggia da noi sulle ruiae
Del germe umano, ed in composta danza
Più sepolte città talun calpesta.
200Àllor che sciolta da’ suoi lacci
Palma Poggia coll’ali sue sovra le stelle,
Sugge il Sole da noi quanto ci resta
Di nutritivo umor. Prende la terra.
Ciò che al nascer prestò. Preda è de’ venti
205Quanto rimane, e ogni elemento ha dritto
Sulla spoglia di noi. Dell’uom gli avanzi
Spargonsi in grembo di «atura, e morte
Vanta ovunque vassalli, e leggi, e trono:
Ma dell’uomo il pensier non serve a lei.
210Nè Tuoma sol, ma l’opre sue di morte
Sentono i colpi, e muor quel marmo illustre,
Che vita gli rende*. Segno non resta
Della tomba superba, e i Regni ancora
Periscono con lei. Que’ vasti Imperi