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Pagina:Diego Sant'Ambrogio - Notizie e presunzioni preliminari intorno ad alcuni dei marmi milanesi di Desio, 1901.pdf/4

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346 varietà

un disperdimento in quella basilica di avelli di quell’epoca remota e solo si nota a Desio, di pertinenza sua, una lapide d’assai posteriore e del XVIII secolo, esistente un giorno nel pavimento di quel tempio e ricordante la famiglia degli Anguissola.

Ben maggiori ed anzi preminenti sono gli argomenti che stanno per la derivazione di quel marmo dalla chiesa di San Marco, e infatti ben tre sepolcreti ci danno quegli autori come ivi esistenti un giorno nel distrutto chiostro dei morti e nelle cappelle di quella vetusta chiesa, che ora più non vi si vedono.

Escludendo senz’altro una lapide con stemma del 1137 di un Bocalino da Vicomercato, una di esse, del 1311, è quella di un Salvio Pelacani, Canonico e Giureconsulto parmense, insignito della elevata carica di Consigliere dell’imperatore, ma appar tosto che, benchè la data sua potrebbe corrispondere meglio di quella del Bocalino al carattere scultorio del frontale d’avello di Desio, non è ammissibile che sì cospicuo personaggio venisse raffigurato altrimenti che colla toga o colle suntuose pelliccie del tempo riservate agli alti funzionarii, mentre il supplicante di quell’avello è invece un semplice soldato senza alcun distintivo che lo metta maggiormente in evidenza.

Qualche più stretto rapporto parrebbe avere quel marmo e il tumulato ginocchioni davanti alla Vergine coll’altro sarcofago, che andò parimenti perduto, ad un Lanfranchino de Settara, morto nel 1317, ma anch’egli era podestà di Milano e così rivestito d’un’alta carica quale non avrebbe consentito la rappresentazione del tumulato sotto le spoglie di un semplice miles.

Abbiamo invece, come esistente un giorno nel chiostro e nella chiesa di San Marco, un terzo avello di cui l’iscrizione funeraria venne riportata dal Fusi e dal Sitone e che risponde in tutto il quadro scultorio di mezzo del sepolcreto più sopra descritto di Desio, mancante però della relativa iscrizione.

Tale epigrafe, che parrebbe essere stata scritta originariamente sulla lastra del tumulo coll’effigie del defunto, e quale fu letta nella Cappella di Sant’Orsola di San Marco, è la seguente: