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Pagina:Diego Sant'Ambrogio - Notizie e presunzioni preliminari intorno ad alcuni dei marmi milanesi di Desio, 1901.pdf/7

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rivelano infatti a prima vista, una aggraziata scultura dei primi decennii del XVI secolo e il toro ritorto della modanatura superiore riproduce anzi un motivo costante dei frontali di camino del decimoquinto secolo.

Di maggior importanza, ma destituite esse pure di qualsiasi indicazione, sono da ultimo a Desio le due statue di Sibilla, di cui diamo la riproduzione, riassumendo qui le presunzioni messe innanzi nella Lega Lombarda del 2 marzo u. s., circa l’eventuale loro derivazione da Milano.

Si tratta di due mezze statue di Sibilla, riccamente panneggiate e facenti simmetria l’una all’altra, le quali tengono fra le mani un filatterio cadauna, atto a designarle come la Sibilla Frigia la prima, dal motto «Virginis in corpus voluit dimittere coelo ipse deus prolem» e come quella Cumana la seconda, dalla leggenda: «Virginis a partu saecla beata fluent».

Sono entrambe in candido marmo di Carrara, di dimensioni di poco più del naturale, e mentre hanno le braccia fino al gomito ignude, e così pure scoperto il collo, tengono invece avvolta la testa e tutta la persona in ampio paludamento a ricche pieghe.

L’espressione dei loro visi è piuttosto calma e pietosa anzichè accigliata ed arcigna quale venne data da molti artisti ed anzi dallo stesso Michelangelo, più che non da Raffaello in Santa Maria della Pace, a queste vergini serafiche, e i loro lineamenti, tratti dallo scalpello con garbo e finezza, vennero rispettati dal tempo, benchè in una di esse osservisi un lieve guasto ad una delle narici.

Anche a chi è profano d’arte, queste due statue egregiamente modellate fino ai lombi e foggiate in maniera da far simmetrico riscontro l’una rimpetto all’altra, si fanno tosto notare per la giustezza delle proporzioni, la naturalezza dell’atteggiamento e la buona esecuzione di taluni particolari, quali, per esempio, delle mani che tengono spiegati i filatterii tradizionali, come meritevoli opere della seconda metà del XVI secolo, d’allora cioè che nel