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Pagina:Discorsi sopra la Prima Deca di Tito Livio (1824).djvu/593

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sì perché giudicava, qualunche volta lo imperadore non fussi a Roma, non avere rimedio. Lasciato adunque Pagolo Guinigi a Lucca, se ne andò con secento cavagli a Roma, dove fu ricevuto da Enrico con grandissimo onore; e in brevissimo tempo la sua presenza rendé tanta riputazione alla parte dello Imperio che, sanza sangue o altra violenza, si mitigò ogni cosa; perché, fatto venire Castruccio per mare assai frumento del paese di Pisa, levò la cagione dello scandalo; di poi, parte ammunendo, parte gastigando i capi di Roma, gli ridusse volontariamente sotto il governo di Enrico. E Castruccio fu fatto senatore di Roma, e datogli molti altri onori dal popolo romano. Il quale ufficio Castruccio prese con grandissima pompa, e si misse una toga di broccato indosso, con lettere dinanzi che dicevano: "Egli è quel che Dio vuole", e di dietro dicevano: "È sarà quel che Dio vorrà".

In questo mezzo e’ Fiorentini, e’ quali erano mali contenti che Castruccio si fussi ne’ tempi della triegua insignorito di Pistoia, pensavano in che modo potessino farla ribellare; il che per la assenzia sua giudicavano facile. Era intra gli usciti Pistolesi che a Firenze si trovavano, Baldo Cecchi e Iacopo Baldini, tutti uomini di autorità e pronti a mettersi a ogni sbaraglio. Costoro tennono pratica con loro amici di dentro, tanto che, con lo aiuto de’ Fiorentini, entrorno di notte in Pistoia e ne cacciorno e’ partigiani e ufficiali di Castruccio, e parte