Pagina:Discorsi sopra la Prima Deca di Tito Livio (1824).djvu/619

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dialogo 30

danno, quando in principio ne perturba la mente, ma quella della mente noi stessi discaccia ed esclude a simiglianza di quelli che la loro propria casa, e in quella se stessi abbruciando, confondono insieme fumo, strepito e ruina, in maniera che si privan di vedere, o udire cosa alcuna, per come, o donde ajutar si possano. Quinci nasce, che più tosto una nave agitata e combattuta dalla fortuna e dal mare, accetterà per governatore uno nocchiero, che l’uomo accetti alcuna ragione, ogni volta che l’animo è agitato e forte perturbato dall’ira, se già prima ed innanzi non si sarà preparata ed instrutta una particulare avvertenza ed antiveduto discorso; perciocchè sì come quelli che aspettano l’assedio, e che delle speranze di fuori privi si trovano, si vanno preparando in ristrignere e riporre tutte le cose a loro utili; così ancora contro li assalti dell’ira si conviene dalla filosofia chiamare di lontano per al bisogno preparare e riporre li ajuti dell’animo, perchè sì facilmente perturbare non si lasci, conciossiachè quando poi l’animo si trova forte acceso, non accetta e non ode, per lo tumulto grande, alcuna cosa di fuori, se dentro non si trova la propria ragione, la quale riposta nel secreto silenzio di quello, tosto spenga il furore, riducendo alla memoria tutti gli salutiferi precetti contro a tale travaglio, perciò che l’uomo acceso in ira disprezza quelle cose che piacevoli e mansuete gli son dette di fuori, e con cui lo ammonisce, o che forte lo riprende, via più