Pagina:Discorso sulla crisi granaria - Francesco Perrone - 25 Febbraio 1915.pdf/26

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I pastai non hanno sempre quattrini. Essi per la loro industria non si rivolgono alle banche, ma si rivolgono al capitalista modesto e gli dicono: anticipate in rendita la cauzione al Governo; noi macineremo della farina, faremo maccaroni e li esporteremo all’estero, e riesportando, noi faremo il discarico sulla bolletta, ed allora vi pagheremo due soldi, quattro soldi a quintale, di guisa che questo capitalista può guadagnare ad esempio su dieci mila lire prestate come cauzione, in dieci giorni o venti, 500 lire come premio.

Questo capitalista prende la bolletta di esportazione temporanea e la consegna al pastaio, il quale si presenta alla dogana e dice: scaricate questa bolletta. Scaricando la bolletta per la quantità di grano importata si riceve la restituzione del dazio.

Senonchè, quando questo pastaio va alla dogana, accade che la dogana eleva un dubbio e dice: in questa pasta o farina c’è un po’ più della quantità prescritta di cenere o di tritello. Allora bisogna andare al gabinetto chimico di Napoli, Genova, Catania, ecc., il quale dice: No, s’è nei limiti, restituite il dazio. La dogana risponde: No, vado a Roma; e il gabinetto chimico di Roma dice che non s’è nei limiti. Allora tra la chimica di Genova e la chimica di Roma sorge un conflitto a favore del fisco, che incamera la cauzione e denunzia il reato.

Ed accade questo fatto che la legge doganale, prescindendo dalle persone, guarda