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891 ebullio | ecquando 892 |
nella provincia romana della Gallia, presso l’odierna Bram o Villerazons.
ē-bullĭo, īvi e ĭi, īre, mandar fuori bollendo, a) scherzos, cacciar fuori, animam, esalar lo spirito, Sen. apoc. 4, 2. b) ostentare, virtutes, Cic. Tusc. 3, 42.
ĕbŭlum, i, n. e ĕbŭlus, i, m., ebbio, ebulo, sumbuco selvatico, Verg., Plin. ed a.
ĕbŭr, bŏris, n., avorio, signum ex ebore, Cic.: India mittit ebur, Verg.: meton. (poet.) per gli oggetti fatti od ornati con avorio, p. es., figure d’avorio, flauti d’avorio, ecc., Verg.: guaina d’avorio, Ov.: premere eb., sedere sulla sedia curule guernita d’avorio, Ov.
Ebŭrīni, ōrum, m., comune lucano; oggin Eboli. — Deriv.: Eburīna juga, alture Eburine, Sall.
ĕburnĕŏlus, a, um (dimin. di eburneus), d’avorio, fistula, graziosa zampogna di avorio, Cic. de or. 3, 225.
ĕburnĕus, a, um (ebur), d’avorio, eburneo, I) propr.: signum, Cic.: lyra, Hor.: scipio, Liv.: dens, dente d’elefante, Liv. II) meton. == bianco come l’avorio, brachia, colla, Ov.
ĕburnus, a, um (ebur), d’avorio, eburno o eburneo, I) propr.: lyra, Hor.: scipio, Tac.: ensis, coll’impugnatura d’avorio, Verg. II) meton. == bianco come l’avorio, digiti, Prop. 2, 1, 9.
Ebŭrōnes, um, m., popolo germanico che si stabilì nella Gallia belgica (da Liegi fino ad Aquisgrana).
Ĕbŭsus (-ŏs) i, f., la maggiore delle isole Pitiuse presso la costa della Spagna nel Mediterraneo, con una città dello stesso nome, oggi Ivica. — Deriv.: Ebŭsĭtānus, a, um, ebusitano.
ēc, particella dimostrativa, propriamente l’ē di ecastor e sim., ma dinanzi al suono k mutato in ec.
ēcastŏr, V. Castor.
Ecbătăna, ōrum, n. (τά Ἐκβάτανα), città della Media settentrionale, capitale del paese, e per il suo clima gradito, soggiorno estivo dei re Persiani e più tardi dei Parti; oggi Hamadan.
ecca, eccam, ecc., V. ecce.
ēccĕ, avv. (per ence da en e ce), particella dimostrativa, la quale o accenna semplicemente all’apparire improvviso di q.c., sia al nostro sguardo, sia alla mente od all'animo, ovvero dirige l’attenzione sopra la contemplazione d’un oggetto, oppure ancora indica q.c. di nuovo ed inaspettato, ecco, ecce me, eccomi, Ter.: ecce subitum divortium, Cic.: ecce tuae litterae, Cic.: ecce tibi nuntius, ecco che ti giunge ad un tratto la notizia, Cic. — Nel linguaggio comune della conversazione, spesso unito in una sola parola coi pronomi is, ille, iste, p. es., eccum adest, Ter.: sed video eccos, Ter.: eccum Parmenonem, ecco qui Parmenone, Ter.
ēccĕrē (ēcĕrē), avv., esclamazione affermativa che si suol spiegare «per Cerere» == in fede mia, in verità, Comici.
ecclēsĭa, ae, f. (ἔκκλησία), assemblea del popoto negli Stati liberi della Grecia (lat. contio), bule et ecclesia, senato e popolo, Plin. ep. 10, 110 (111), 1.
eccum, eccos, etc., V. ecce.
ecdĭcus, i, m. (ἔκδικος), corrispondente presso i Greci al romano cognitor civitatis, procuratore, sindaco, agente dello Stato, Cic. e Plin. ep.
ēcĕrē, V. eccere.
Ĕcĕtra, ae, f., capitale dei Volsci, probab. tra Signia e il fiume Saceo; oggi forse Supino, Liv. 4, 61, 4 ed a. — Deriv.: Ĕcĕtrānus, i, m., Ecetrano, collettivo, plur. Ecetrani, ōrum, m., gl abitanti di Ecetra, gli Ecetrani.
ecf..., V. eff...
Echecrătes, is, m. (Ἐχεκράτης), filosofo pitagorico, contemp. di Platone.
ĕchĕnēis, nēĭdis, f. (ἐχενηΐς, che ferma le navi), pesce che si aggrappa fortemente alle navi e si credeva ne ritardasse od arrestasse il corso, remora, Ov., Plin. ed a.
ĕchidna, ae, f. (ἔχιδνα), I) vipera; poet., serpente in genere, come attributo delle Furie, Ov. met. 10, 313. II) nom. propr.: A) Echidna, mostro dell’inferno, figlia di Chrysaor, madre di Cerbero, dell'idra di Lerna, ecc., Ov. met. 4, 501. — Deriv.: Ĕchidnēus, a, um, echidneo, canis, di Cerbero, Ov. met. 7, 408. B) Ech. Lernaea, l’idra Lernea (uccisa da Ercole), figla di Tifone e di Echidna (V. n° A), Ov. met. 9, 69 e 158.
Ĕchīnădes, dum, acc. das, f. (Ἐχινάδες), gruppo di cinque isole nel mar Jonio, rimpetto alla foce dell’Acheloo, appartenenti all’Acarnanta; oggi Curzolari.
ĕchīnus, i, m. (ἐχῖνος), 1) riccio e cioè comun. riccio marino (pesce che si mangia), Hor., Plin. ed a. II) trasl., vaso di rame da sciacquare, Hor. sat. 1, 6, 117 e 2, 8, 52.
Ĕchīōn, ŏnis, m. (Ἐχίων), I) uno dei superstiti degli uomini armati sorti dai denti di dragone seminati da Cadmo, che si uccisero gli uni gli altri in lotta, finchè furono ridotti a cinque; padre di Penteo, marito di Agave, aiutatore di Cadmo nell’edificare Tebe, Ov. met. 3, 126. — Deriv: A) Ĕchīŏnĭdēs, ae, m. (Ἐχιονίδης), il discendente di Echione, l’Echionide, cioè Penteo, Ov. met. 3, 513. B) Ĕchīŏnĭus, a, um, Echionio, di Echione, e poet. == cadmeo, tebano, nomen, Verg.: arces, Ov. II) figlio di Mercurio, uno degli Argonauti, che prese parte alla caccia calidonica, Ov. met. 8, 311. — Deriv. Ĕchīŏnĭus, a, um, echionio, di Echione, lacertus, Ov. met. 8, 345.
ēchō, us, f. (ἠχώ), eco, riflessione della voce (lat. propr. imago), Plin. ed a.: come ninfa, resonabilis Echo, Ov. met. 3, 358.
eclipsis, is, acc. in, f. (ἔκλειψις), eclissi, ecl. solis, lunae (lat. propr. defectus solis, lunae), Cornif. rhet. 3, 36
eclŏga, ae, f. (ἑκλογή), piccolo e scelto componimento poetico, egloga, Plin. ep.: piccola epistola, Suet.
eclŏgārĭi, ōrum, m. (ecloga) == loci electi, luoghi scelti, bei passi di uno scritto, in quanto vengono segnalati per leggersi o recitarsi, notentur eclogarii, Cic. ad Att. 16, 2, 6.
ec-quandō, avv., quando mai? Cic. ed a.: ecquandone, Prop. e Vell.