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capitolo xx | 181 |
questo giorno la fame non passeggia da queste bande, grazie al ricco Camaccio; accostatevi pure allegramente, e guardate là che troverete qualche mestola, e schiumatevi pure una gallina o due, che buon pro vi faccia. — Non ne vedo nemmeno una, rispose Sancio. — Aspettate, disse il cuoco: oh poveraccio me! che schizzinoso e dappoco uomo che dovete essere!„ E ciò detto, prese una caldaia, e postala in uno di quei mezzi orci, ne cavò due paperi e tre galline, e disse a Sancio: — Mangiate, amico, e rompete il digiuno con questa schiuma intanto che si fa ora di desinare. — Non so dove mettere tutta questa roba, soggiunse Sancio. — E voi portate via, rispose il cuoco, la mestola ed ogni cosa; chè la ricchezza e il contento di Camaccio suppliscono a tutto„.
Nel tempo che Sancio aveva queste occupazioni, stava don Chisciotte guardando da una parte del frascato, dov’egli scoprì intorno a dodici contadini sopra dodici bellissime cavalle con ricchi e sfarzosi fornimenti da campagna e con molti sonagli nei pettorali, tutti vestiti da giorno di festa: e questa truppa si mise a fare non una, ma più carriere su per lo prato, con allegre voci e grida dicendo: “Vivano Camaccio e Chilteria; egli è tanto ricco quanto ella è bella e la più bella del mondo„. Don Chisciotte ciò udito; disse tra sè: — Conviene dire che non abbiano costoro veduto mai la mia Dulcinea del Toboso, chè se ciò fosse andrebbero più a rilento nel lodare questa loro Chilteria„. Di lì a poco cominciarono ad entrare per diverse parti del frascato molte bande di danzatori, fra le quali una eravi di schermitori di spade alla moresca, formata da ventiquattro belli e graziosi pastori vestiti di sottile e candida tela, con sciugatoi lavorati di varii colori di fina seta. Uno di quelli che guidava le cavalle dimandò a certo snello garzone, se fosse rimasto ferito alcuno dei danzatori. — Nessuno sin ora, quegli rispose, e siamo ancor tutti sani: e subito cominciò ad intrecciarsi con gli altri compagni, con tanti giri e con tanta destrezza che quantunque don Chisciotte fosse avvezzo a veder simili danze, nessuna come quella eragli tanto piaciuta. Trovò molto sollazzevole un’altra danza fetta tra bellissime donzelle sì giovani da doverle giudicare tra i quattordici e i diciotto anni, vestite tutte di verdi palme, coi capelli parte intrecciati, parte sciolti, ma tutti sì biondi che gareggiar poteano con quelli del sole, e tutti inghirlandati di gelsomini, di rose, di amaranti e di madreselve. Erano guidate da venerabile vecchio e da attempata matrona, e l’una e l’altro molto più svelti e leggieri di qoello che promettesse la loro età. Si servivano per lo suono di una piva zamorana; portando elleno negli tacchi l’onestà, e la leggerezza nei piedi, si mostravano danzatrici senza pari. Venne