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rinto molto intricato. Credimi, amico, che fa mestieri pregare nostro Signore con molto affetto, perchè ci liberi dai cattivi stregoni e dai tristi incantatori. — Ma questa non è burla, replicò Sancio, perchè ho chiaramente intesa la sua voce, e non altro mi è suonato all’orecchio che la voce della Trifaldi. Basta per ora; non si parli altro, ma non tralascerò in avvenire di star cogli occhi aperti per vedere se qualche altro segnale confermi o sventi i miei sospetti. — Così dèi fare, Sancio, disse don Chisciotte, e mi porrai al chiaro di ogni tua scoperta in tale proposito, e di qualunque cosa che nel governo sarà per succederti„.

Sancio in fine partì accompagnato da gran comitiva, vestito da legale, con sopra l’abito un gabbano molto splendido e largo di ciambellotto a onde, e con berretto pure di ciambellotto. Cavalcava un mulo alla ginetta, e dietro a lui per comando del duca andava il leardo con fornimenti e guarnizioni giumentili di seta fiammeggianti. Sancio voltava il capo di quando in quando per guardare il suo asino, in compagnia del quale andava tanto contento che non l’avrebbe ceduto ad un imperatore. Nel prendere licenza dai duchi baciò loro la mano, e si prese la benedizione dal suo signore, che gliela diede colle lagrime agli occhi, e la ricevette Sancio colle gôte gonfie, come fanciullo che stia per piangere. Lascia, o lettor garbato,