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176 i marmi - parte seconda


Lollio. Dice il vero messer Paolo.

Crivello. E qual danno si potrebbe aguagliare alla perdita della Republica di Cicerone, della Economica di Senofonte da lui fatta latina, dei xxxv libri delle Istorie di Polibio, delle Deche di Tito Livio, della Medea tragedia e dei sei libri dei Fasti d’Ovidio, della maggior parte delle Comedie di Terenzio (le quali andarono in visibilio insieme con la sua riverenza) e d’infinite altre dignissime opere che si sono smarrite? Le quali opere, quando la stampa fosse stata al suo tempo, come ora è al nostro, sarebbonsi conservate, mal grado dei barbari che l’hanno spente col fuoco o portatele insieme con l’altra preda fuor della misera Italia nelle provincie loro.

Coccio. Ora avete móstro, o Crivello, con le parole vostre da qual parte pendete; e certo mi piace che mi vi siate dichiarato nimico, acciò che io sappia ben da voi guardarmi e non abbiate modo, come amico finto o nimico coperto, di nocermi di nascoso. Farete dunque buon senno a difendere e rilevare chi ha bisogno di difesa e di sostegno; ché veramente la parte vostra sta per cadere e opprimersi da se medesima, si è ella debile e mal fondata.

Crivello. Io non mi son posto a ragionar perché il Lollio avesse mistiero di difesa (ché io non voglio cosí manifestamente ingiuriarlo, stimandolo mal atto a difendersi da se stesso, e tale non è egli), ma perché non m’abbiate piú a provocare nelle vostre mischie e a ciò che io non mi stia con le mani a cintola quando voi guerreggiate insieme; senza che mi pare di favorire la ragione.

Lollio. Né io tanto son arrogante che presuma da me stesso potermi difendere dalle vostre calunnie; però confesso d’avere obligo a messer Paolo e lo prego che me aiuti contra voi.

Coccio. Se ben mi ricordo, io credo assai sufficientemente avervi mostrato che ’l mondo comodamente ha potuto fare tante migliaia d’anni senza l’arte della stampa.

Lollio. Quella parola «comodamente» a me pare che importa troppo piú che voi non stimate: assai era dire che ’l mondo