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ragionamento della stampa 181


Lollio. Voi mi concedete, adunque, che la stampa possa eternare la fama degli uomini?

Coccio. Degli uomini si, ma delle bestie no.

Lollio. Ecco, se le bestie vestite da uomo avranno vita nelle opere degli intelletti chiari, però vivranno elle o vituperate o lodate.

Coccio. Il viver con infamia è poco meno che l’esser morto.

Lollio. E io ho conosciuto degli uomini grandi non curare del modo con che s’acquistino fama, pur che se l’abbino: «Sive bonum, sive malum, fama est», disse Gricca quando abruciò la lettiera. Ma scansiamo occasione di dire. Come mi farete voi probabile la proposizion vostra, cioè che la stampa abbia portato danno agli uomini studiosi?

Coccio. Io aveva questo per cosí chiaro che non mi credeva che fosse bisogno farvene fede; sí come sarebbe opra perduta chi volesse provare che ’l sole scaldasse e ’l fuoco cocesse.

Crivello. Voi fate queste vostre opinioni sí comuni che pare che abbiate in favore del parer vostro il parere di tutto il mondo.

Coccio. Il danno che n’hanno ricevuto gli uomini d’ingegno è primo degli scrittori, i quali, sí come giá dell’esercizio loro solevano avanzarsi i ducati, a pena ora ne guadagnano i soldi.

Lollio. Compensate con questo danno l’utilitá che ne traggono tante migliaia d’uomini che ci vivono dietro e la cosa andrá di pari.

Coccio. Il giovamento di molti è da essere preposto all’utile di pochi; e senza dubbio in maggior numero furon sempre, e sono tuttavia, gli scrittori che gli impressori. Or mi potreste dire che difficile era in quei tempi aver di molti libri, per la grande spesa che si faceva in essi, e cosí comodamente ogni uno non era atto a poterla fare, se non qualche ricco e gran gentiluomo; i poveri uomini erano forzati darsi all’arti mecaniche e agli esercizii vili, sí come quegli che non potevano apparare le scienze per carestia di libri.