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192 | i marmi - parte seconda |
Coccio. Ogni comparazione è odiosa; il mondo conosce bene quello che è e che non è. Io vo’ dire de’ nostri d’oggi alcuna cosetta, per non dir miracoli: quegli caratteri di Parigi, di Lione, di Basilea, di Fiorenza e di Bologna mi paion mirabili; delle correzioni poi di quelle d’Aldo a queste, giudichilo chi sa, chi può e chi vuole.
Crivello. Il bel carattere veramente fa lèggere volentieri, ma la correzione è de’ verbi principali anch’ella; chi fa e ha l’uno e l’altro porta la corona.
Coccio. E’ ci son bene di molti ciabattini di stampe che non hanno né l’uno né l’altro, che vergognano l’arte, e, stampando ogni baia, vergognano loro e altri.
Lollio. Essendo, per passare a un altro termine, maggiore il vulgo degli ignoranti che l’academia dei dotti, crederei che costoro, i quali stampano ogni cosa, dovessero farne miglior guadagno che dei buoni libri non fanno gli uomini di giudizio.
Coccio. Alla fine, gli stampatori da dozzina vanno a monte.
Lollio. Perché i librai avanzano quel che doverebbon guadagnar loro.
Coccio. Ancóra si sono arricchiti con le cose plebee alcuni impressori e poi si son dati alle maggiori e straricchiti.
Lollio. A me pare che molti comincino a metter da parte l’onesto sempre e piglino l’utile, sí malamente e scorrettamente stampano, in cartaccie e in lettere cacciate, strette e abbreviate.
Crivello. Non entrate in satire: la stampa per ora si ponga da canto, perché, a mio giudizio, ce n’andremo al nostro alloggiamento; siamo tutti rinfrescati a questi Marmi, e, riposandoci piú tosto che ’l solito, potremo domani piú a buon’ora andare a veder il resto di questa mirabil cittá, e potren dire che non solo i fiorentini godano i lor piaceri, ma che i forestieri ne participino ancóra.
Lollio, Coccio. Andiamo, ché sará ben fatto.