Pagina:Doni, Anton Francesco – I marmi, Vol. I, 1928 – BEIC 1814190.djvu/243

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ragionamenti arguti 237


Il Gobbo sargiaio, Meo dal Presto e lo Squitti.

Gobbo. Compare, fate come io v’ho detto, fate paura loro, altrimenti e’ non si può aver godimento: i miei figliuoli io gli tengo a stecchetto con lo spaventargli e gli fo vedere la Quaresima e gli minaccio di fargli mangiare a quel drago.

Meo. Voi fate bene un gran male: non sapete voi che le paure fanno morire i fanciulli?

Squitti. Io ho bene udito dire molte cose accadute di questi casi; ma una mi trovai io a vedere in casa gli Ussi miei vicini.

Gobbo. Avrò caro d’udirla.

Squitti. Volentieri ve la dirò. Giovanni aveva comprato, come si fa per pasqua, un pecorino, e aveva un bel bambino in casa, d’un anno incirca; e facendogli far festa a questo agnellino, come si costuma, egli lo toccava e ridendo si allegrava assai di sí fatto animale. In questo che egli lo palpeggiava il pecorino trasse un belo e fu si fatto il belare che ’l bambino si riscosse e spaventò di paura udendo la boce dell’animale. Costoro, accorgendosi della cosa, cominciarono a farlo allegro e dire delle parole per levargli la paura, e l’agnello in tanto ribelò alquante volte; talmente che ’l fanciullino di nuovo si spaventò e fu lo spavento tale che in due giorni egli si morí. Or pensate, se, non facendo lor paura, e’ si spauriscano, come voi racconcierete facendola loro.

Gobbo. La fu gran cosa veramente, n’è vero, Meo?

Meo. Io ne dirò un’altra che intervenne a un nostro cassieri al Monte, questa befania passata. Egli aveva due bambine, una di tre anni e una di cinque: e, come sapete, egli è il solito nostro che si suonano per la via tutta la sera campanacci e fassi gran rimori, con dire in casa: — Le son le befane che vanno a torno; — onde i fanciulli si nascondono e, nell’andare a letto, è lor dato a credere, se non si mettano qualche cosa