Pagina:Doni, Anton Francesco – I marmi, Vol. I, 1928 – BEIC 1814190.djvu/245

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ragionamenti arguti 239


dal campo, e, con il mettere un grande strido, stette parecchi di spaventato del lupo.

Meo. Ecco che pur n’avete qualche saggio.

Squitti. Mancherebbono i casi di coloro che si son morti di paura, da dire, chi volesse svaligiare la Bottega del tessitore, come fanno certi che scrivono, i quali non sanno dire né fare né ritrovar nulla di nuovo, se non la lievano di peso dagli scartabegli degli altri! Io ne voglio dire un altro e poi vi lascio, perché ho da fare assai stasera. Ser Francesco di San Niccolò, uomo da bene e che si diletta molto di pescare, essendo mandato a gettare il ghiaccio tondo una notte dal suo reverendo messer Bernardo Quaratesi, priore della chiesa e molto cortese gentiluomo, menò il cherico che gli tenessi fermo il burchiello quando gettava la rete. E’ gli venne preso con la rete un fanciullo che s’era affogato il dí medesimo per andarsi a bagnare: ora, tirandolo su e pesandogli la rete, si faceva aiutare al cherico, il quale, sopragiunto da questa novitá, prese si fatta paura che bisognò farlo portare a casa; e in sei o sette giorni il povero cherico si morí di paura; ed era grande che vi sareste maravigliato. I figliuoli bisogna tenergli in timore e con amore governargli: assai son le battiture del padre e del maestro! Io n’ho uno che, quando va alla scuola, trema tutto di paura del maestro.

Gobbo. Mai piú fo lor paura da qui inanzi; vo’ mostrar loro come quella è una buccia di cocodrillo e che quegli altri son fantocci da farsene beffe.

Meo. Cosí farete voi bene.

Squitti. Mi raccomando a voi.

Gobbo. A Dio.

Meo. Io vorrei che noi andassimo lá dove è quel mucchio di brigate e udir quel che dicono.

Gobbo. Debbon dir qualche cosa da plebei.

Meo. Sí, che noi ragioniamo forse di cose platoniche!

Gobbo. Andiamo.