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240 i marmi - parte seconda


Agnol Tucci, Vittorio e Barone.

Agnolo. Voi siate molto vendicativo; io per me mi guarderò come dal fuoco, di farvi dispiacere, o sia piccolo o grande, perchè voi non dimenticate mai, secondo che io odo dire.

Vittorio. Se voi non mi dite altri particolari, non vi saprei dir altro, se non che avete torto a dir cosí.

Agnolo. A me è stato detto che ogni minimo dispiacer che vi sia fatto, voi cercate in tutti i modi e per tutte le vie di vendicarvi; e quanto piú v’andate vendicando innanzi, tanto piú desiderate vederne vendetta: questo è un procedere diabolico, da cane e bestiale.

Vittorio. Circa a che cosa avete voi quest’opinione, o sentito ragionare che io mi vendico?

Agnolo. Assai sono i particolari; ma non ho cosí a memoria: io ve ne dirò un solo. Quando uno dice mal di voi, o vi tassa in cosa nessuna, che vi dispiaccia.

Barone. Ancora a me me n’è venuto qualche puzza al naso.

Vittorio. Ciascuno ha libertà di dir ciò che gli piace, ma egli bisogna, che, se egli è uomo di ragione, che favelli da uomo e non da bestia. In questo caso vo’ discorrere alquanto, e poi colpirò. Che ha da fare un altro, che non ni’ appartenga nulla, dell’animo o de’ fatti miei? Voi, verbigrazia, che non siate nè mio padre, nè mio fratello, nè mio parente, nè forse mio amico, che pazzo vi tocca egli a venirmi a riprendere, non sapendo perchè? — Oh! io ho udito dire al tale che tu gli vuoi male. — Dovevate prima domandare a me s’io gli voleva bene: e s’io diceva di no, dimandarmi della cagione; e se l’era giusta, entrar per via ragionevole e cercare l’unione della carità; e non mi venire con un fendente di sí fatta ingiuria a dirmi vendicativo, e favellare come gli spiritati.