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262 i marmi - parte seconda


oltr’agli onori e ai privilegi che gli erano donati di publico, giá per premio e proprio ornamento degli studi meritavano la corona di lauro. Onde la republica di tanto onore gli giudicò degni che un medesimo ornamento della laurea volse che si desse agli imperadori e ai poeti: perciò che coronavano di lauro i Cesari e i capitani vincitori dopo i travagli della guerra e similmente i poeti dopo le fatiche degli studi, volendo per l’eterna verdura di quello arbore significare l’eternitá della gloria acquistata cosí con la milizia quanto con l’ingegno. E credesi che spezialmente fosse per questo, perché, sí come questo arbore solo non è folminato da Dio, cosí è da giudicare che quella gloria degli imperadori e dei poeti, la quale a uso di folgore tutte le cose abbatte, essa sola non possa essere offesa dalla vecchiezza. E veramente ch’all’etá nostra questo poetico onore, il che con dispiacere ricordiamo, non si sa bene da quale tarditá d’ingegni o malizia di tempi di modo lo veggiamo esser posto in oblio, ch’ancóra quasi non sanno gli uomini nostri quel che si voglia significare questo nome «poeta»; credendosi molti che l’uffizio del poeta altro non sia che fingere o mentire: che se cosí fosse, parrebbe questo ornamento e cosa leggiera e d’ogni onore indegna. Non sanno ancóra che l’ufficio del poeta, sí come abbiamo inteso da uomini dottissimi e sapientissimi, consiste in questo, di spargere la virtú della cosa celata sotto ameni colori, e quasi come una bella ombra ornata di figmenti e celebrata di sonori versi, con la soavitá del dolce parlare, la quale sia piú difficile d’acquistare e, ritrovata, divien piú dolce. Per questa cagione intendiamo che i famosi poeti solevano essere coronati in Campidoglio a modo di trionfanti; ed èssi questa usanza di maniera invecchiata che da mille e trecento anni non leggiamo che alcuno vi sia stato di questo ornamento onorato. La qual cosa considerando l’ingegnoso uomo e ardentissimo investigatore di cosí fatti studi fin dalla sua giovanezza messer Francesco Petrarca fiorentino, poeta e istorico, giudicando ben fatto ch’a questo tempo spezialmente si devesse aiutare questa scienzia quanto piú ella era sprezzata dagli uomini e abbandonata, dopo che egli ha avuto con gran diligenza rivolto i libri degli autori e dopo l’opere proprie del suo proprio ingegno, massimamente d’istorie e di poemi, parte dei quali egli ha ancóra tra le mani, ardendo d’onesto desiderio della laurea non tanto per gloria, sí come egli medesimo ha affermato alla presenza nostra e del popolo romano, quanto per accendere gli animi d’ogn’uno a simil desiderio degli studi,