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72 i marmi - parte prima


Carlo Lenzoni e Biagio Caconi.

Carlo. Le nozze che ha fatto messer Alessandro Antinori per il suo virtuoso e generosissimo figliuolo messer Nicolò non hanno avuto paragone, perché sono state fatte con tutti quei buoni ordini e quelle cirimonie che sia stato mai possibil di fare.

Biagio. A me sono elleno parute una cosa rara. Oh che mirabile apparato! che musiche suavi! che convito solenne! So che v’erano una infinitá di gentildonne. Oh bella cosa!

Carlo. Messer Niccolò, giovane onorato, virtuoso, gentile, nobilissimo e cortese non meritava manco onore, anzi piú, perché quello spirito è degno d’un reame.

Biagio. Che belle parole e sí gran diceria ha fatto monsignore nel dar l’anello? Io non ho potuto udire, perché era discosto: voi che eri appresso, di grazia, riditemele a questo fresco.

Carlo. Volentieri. Il vescovo, come persona letterata, ha fatto primamente il suo sermone sopra la sacra scrittura, comendando il matrimonio; e, dato l’anello, si posero a sedere: dove sua signoria reverendissima entrò in un discorso, fuori dell’atto, piacevole e ha raccontato infiniti modi che usavano gli antichi in fare quella cirimonia; perché a quei tempi non si dava anello.

Biagio. O come si faceva?

Carlo. Il nostro Giovan Boccaccio in una sua opera scrive molti modi che eglino avevano, acciò che noi conosciamo che differenza è da etá a etá, da uomini a uomini e da belli a brutti modi di cirimonie.

Biagio. Questo ho caro io d’udire, ché mai piú l’udi’ dire.

Carlo. I cimbri, certi popoli strani, quando erano per tôr donna, la loro cirimonia in cambio della nostra era tale: il marito si mozzava l’ugna e le mandava a donare alla fanciulla che