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82 i marmi - parte prima


Zuccherino zanaiuolo e Baldo mazzieri.

Zuccherino. Buona sera, messere.

Baldo. Che fai tu qua, Zuccherino, fra gentiluomini? La tua stanza è stare in Mercato vecchio e non andare intorno ai Marmi.

Zuccherino. Cercava il pedante di messer Gismondo, compare della signoria vostra, che venisse a casa, ché lo voglion pagare e cacciar via.

Baldo. La cagione? (benché i pedanti ne danno mille il dí delle cause da bastonargli e mandargli alla mal’ora) sai tu perché?

Zuccherino. Non so troppo bene: e’ mi par che egli andasse ieri fuori con Carlo e gli andava di dietro, come voi sapete che fanno tutti i pedanti; e il fanciullo, essendo inanzi lá da Santa Maria maggiore, parve che quel maniscalco, che è colá in testa, aveva, poco inanzi che vi passassero, scagliato fuori un ferro caldo; ed era ancóra rovente, quando, passando il pedante, e il ferro essendo rotolato un poco discosto piú del solito, il maestro gli disse: — Ricogli quel ferro. — Il fanciullo súbito gli sputò su e, quando lo senti friggere, rispose: — Maestro, egli è di fuoco. — A che te ne sei tu avveduto? — A questo — disse egli; e vi sputò su ancóra. — Adunque — segui il pedante — a sputar sopra una cosa, si conosce se l’è calda: questa filosofia ho io imparata oggi: or va lá! — Ben sapete che ’l pedante ignorante, stamani, essendo a tavola e venendo le lasagne, la sua riverenza, per veder se le cocevano, sputò nella scodella, e, non le vedendo friggere, con il mestolino se ne cacciò in gola una buona cucchiaiata; onde le lo cossero malamente la bocca, le gengie, la lingua, il palato e l’ugola tanto che ne pianse. Pur, vergognandosi, stette cheto, dicendo fra sé: — Questo civettino di Carlo m’ha uccellato di quel