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140 i marmi - parte terza

2
     Can mi sove de la cambra
on a mon dan sai que nuills om non intra,
ans mi son tug plus que fruire ni oncle,
non ai membre nom fremisca ni ongla,
plus que no fai l’enfans denan la verga,
tal paor ai queill sia trop de m’arma.

3
     Del cors li fos, non de l’arma,
em consentis a selat dins sa cambra
que plus me nafra’l cor que colp de verga;
car lo siens sers lai on ill es non intra,
de lei serai aisi com carns e ongla,
e non creirai caiticx d’amie ni d’oncle.

Arnaldo Daniello.

1
     Il fermo voler che nel cuore m’entra,
non mi può becco scoscendere né unghia
d’amico sogliardo, tutto che de mal dir s’armi;
e poi che non l’oso batter con ramo né con verga,
almeno di nascoso, lá ove non avrò zio,
prenderò gioia in giardino o dentro a camera.
2
     Quando mi soviene della camera,
ove a mio danno so che nessun uom non entra,
anzi mi son tutti piú che fratelli o zio,
non ho membro che non mi tremi né unghia,
piú che non fa il fanciullo dinanzi alla verga,
tal paura ho che vi sia troppo di mia alma.
3
     Col corpo vi fossi, e non con l’alma,
e mi consentisse celatamente dentro a su’ camera
che piú mi ferisce il cuore che colpo di verga;
però che il suo servo lá ove ella è non entra,
di lei sarò cosí come carne e unghia,
e non ubidirò a gastigo d’amico né di zio.

Viandante. Non dir piú; ecco il Pazzo e il Savio, academici nostri: so che sono accoppiati per una volta. Ascoltiamo il loro ragionamento.