Pagina:Doni, Anton Francesco – I marmi, Vol. II, 1928 – BEIC 1814755.djvu/61

Da Wikisource.
56 i marmi - parte terza


di gelosia s’aghiaccia, ardendo in pene;
beltá mi fa sperare e star contento. —
— Sua crudeltá la mia speranza fura:
cose fuor di natura,
viver in gioia e non poter gioire
far mille morti e non poter morire. —

Disperato. Se nelle armi io sono sventurato, nelle amorose imprese fui sgraziatissimo: non potetti mai consequir cosa che io volesse, non mai avere una dolcezza di due parole e d’un fatto; ma mi fuggivano i tempi, si perdevano le occasioni e ogni cosa m’andava a traverso e in mal’ora: onde quando componevo sonetti, giuocavo sempre alla disperata. Deh, udite che rime eran le mie.

     Una fiera selvaggia, alpestre e dura
m’apparve un giorno, in vista cheta e umile,1
con sí bel portamento e sí gentile
ch’io posi in seguir lei ogni mia cura;
     e, riposta in disparte ogni paura,
quanto si può nell’etá giovinile,
incominciai lodarla in vario stile,
sperando lei cangiato aver natura.
     Ahi fallace sperar! Quand’io credei
trovato aver mercé non che pietate,
ella in un punto e la speme perdei:
     pur, lasso!, vo cercando, vern’e state,
s’io veggio alcun vestigio ancor di lei,
né trovo chi mi mostre l’orme usate.

Adormentato. Voi state fresco, se tutte le vostre imprese vi riescano di sí fatta sorte!

Disperato. Peggio assai che io non dico. Io ho provato a star per servo, e conosceva veramente che ’l padrone stava talvolta meco, perché, se voleva andar fuori, bisognava che

  1. Il testo originale ha in line al primo verso «cruda» e al secondo «umana»:
    il nesso delle rime suggerisce facile la correzione [Ed.].