Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/151

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Innocenza taceva, senza lagrime, presa da un tremito convulso, la madre balzò in piedi, disperata, violenta, cacciandosi le mani nei capelli, ululando ingiurie e bestemmie da tanti e tanti anni sepolte nella sua memoria, minacciando col pugno chiuso verso colei che aveva fatto tutto quel male, verso colei che fuggiva lungo l'argine cogli svelti zoccoletti rossi senza voltarsi indietro.

— Svergognata!... Sgualdrina!... Ladra!... Losca figura!...

Poi di nuovo si accoccolò in terra vicino ad Innocenza, la cinse colle sue braccia.

— Cara.... Non era degno di te quel furfante... Non era degno.... Tu sei tanto bella, figlia mia.... sei tanto bella.... ne troverai un altro migliore.... Non disperarti.... non tremare.... Ne troveremo un altro.... Vuoi che ti comperi un vestito nuovo a righe bianche e verdi?... Vuoi che ti accompagni alla fiera di Cernedo?... Tutto quello che vuoi... tutto quello che vuoi... ma non disperarti... non soffrire....

La vendetta di Pasqua era molto semplice, forse non voluta: ella passava ogni sera davanti alla capanna d'Innocenza, stretta al braccio del suo Zeffirino.

La prima sera ella aveva lanciato passando un'occhiata alla finestrella della sua amica, un'occhiata fra trionfante e paurosa; ma le sere di poi era passata chiacchierando così fitto