Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/156

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Come astenersi, quando era ben stabilito che il padiglione sorgesse ad eguale distanza di chilometri, metri, centimetri e millimetri, dalle rispettive chiese? Come rifiutare il proprio obolo ad una simile opera di carità? Lo scandalo sarebbe stato troppo grave. Perfino l' «Eco» e la «Scintilla» da qualche giorno tacevano.

Quella sera, alle otto in punto, cinque consiglieri di Castelluzzo, rappresentanti il partito moderato, in severa giacca nera, entrarono solenni nella sala sfarzosamente addobbata di bandiere tricolori e di festoni d'edera, e presero posto nelle poltrone di velluto rosso: «a destra entrando». Alle otto e un minuto, i cinque di Cernedo, rappresentanti i partiti popolari, in elegante «négligé», fecero il loro ingresso e occuparono le poltrone di vellute rosso: «a sinistra entrando».

Il sindaco, che non era di Cernedo nè di Castelluzzo, seguito da due assessori, l'uno moderato, l'altro popolare, entrò per ultimo, salutando col capo ad eguale profondità a destra e a manca.

Le due falangi nemiche affettavano di ignorarsi.

E, nei posti distinti, le signore di Cernedo, quelle di Castelluzzo, a gruppetti di tre o quattro in fila, l'uno più variopinto dell'altro, separate da barriere più insormontabili che trincee, affettavano esse pure di ignorarsi, ma si contavano reciprocamente i capelli, e scrutandosi di sottecchi facevano provvista di pettegolezzi e di chiacchiere per l'indomani.