Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/191

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Carlo Frattina aveva avuto la casa dei suoi nonni devastata: la vecchia casa deserta, ma piena di memorie care, ed era corso dai suoi amici, pallido, mordendosi le labbra, cogli occhi pieni di lagrime.

Per qualche settimana il paese fu a lutto: non più una voce, non più una risata per le strade; nelle case i pianoforti tacevano, le fanciulle avevano smesso di cantare, si parlava sommessamente come intorno a un funerale.

Poi la vita riprese la consueta apparenza.

Ma Carlo e Valerio non erano più gli stessi. Sulla loro infantile spensieratezza un velo era sceso, una raffica, che li aveva maturati a un tratto, fatti uomini.

Carlo Frattina veniva ogni giorno e passava con loro lunghe ore. I tre parlavano a bassa voce, s'interrompevano al sopragiungere di qualcuno, si guardavano intorno.

Battista aveva finito per esser geloso di Frattina.

Essi lo preferivano a lui; si capisce: era giusto! Egli era un servo!... Ma perchè nascondersi? Perchè diffidare?... Non l'amavano più; lo mettevano da parte con disprezzo, ora che avevano un amico più degno, un loro pari!

Eppure... no, no; non era così! Battista sentiva che non era così!

Ma che cosa, allora, che cosa, li separava?...

Le notizie più varie e più contradittorie correvano intanto.

Il medico del paese era stato perquisito e