Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/233

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doveva finire. Egli se lo ripeteva da mesi, e quando pareva vi fosse veramente deciso, ecco che la sua inerzia morale lo riconduceva sulla ridicola via dell'idillio.

Lui, Fausto De Renzis, a trentaquattr'anni, dopo una vìta come la sua, filare l'amor puro con una fanciulla di diciotto! Con una fanciulla che non faceva un passo senza essere accompagnata, che dall'amore non chiedeva che uno sguardo, un fiore, un sorriso!...

Era ridicolo e stupido.

Oltre a ciò, qualche cosa gli diceva che era anche pericoloso.

Egli non amava Valeria, o almeno credeva di non amarla, come del resto credeva di non poter amare più nessuna donna, ma pure, quella sera, all'udire come certa la notizia del fidanzamento di lei aveva provato qualche cosa, non sapeva bene se rabbia, malinconia, o gelosia, che non l'avevano lasciato finchè dalle labbra stesse della fanciulla non aveva sentito il diniego.

Ora, il loro colloquio gli tornava tutto alla mente, gli sembrava più strano e più grave. Ella lo amava, lo amava! Glielo aveva detto in tutti i modi: colla parola e col silenzio. Ed era splendidamente bella, fine, vibrante: bisognava sfuggirla ad ogni costo, al più presto.

Fausto si fermò ed accese la ventesima sigaretta. Un'ondata di fumo e di malinconia l'avvolse ancora e lo tenne.

Era inutile negarlo!... Nella sua vita aspra, turbinosa, la sua amicizia per Valeria segnava