Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/271

Da Wikisource.

che passava le sue serate in nobili occupazioni spirituali ed aveva il peplo d'un taglio irreprensibile e abbottonato fino al collo.

La riunione era poco numerosa ed intimissima. Ma per renderla più numerosa Alfeo non aveva trascurato alcun mezzo. Uno spirito di ben intesa democrazia guidava l'intellettuale re nella scelta del suo uditorio, poichè, oltre i ministri, i consiglieri, i gran scudieri, e perfino il guardacaccia, anche le schiave erano ammesse ad applaudire il loro signore.

Biancofiore guardava tutto ciò con molta simpatia. Benchè principessa asiatica, ella sapeva apprezzare il progresso dei tempi moderni e capiva che a questi lumi di luna un principe che vuol esser saldo sul trono deve appoggiarsi sul popolo. Ma, a lungo andare, una bella sera, osservando con sempre crescente simpatia ed interesse le mosse del saggio Alfeo colla sua lente, la povera Biancofiore.... si accorse....(oh Dio, non voleva credere ai suoi occhi la povera Biancofiore!...) si accorse.... che il re furtivamente fra un carme e l'altro pizzicava le schiave.

Pizzicava le schiave!...

È vero che alcune erano ancora roride dei lavacri dell'Ilisso, altre venivano di lontano e parlavano strani idiomi, ed egli le idealizzava poi nei suoi versi, ma ciò non toglie che fai suoi atti e le sue parole vi fosse una leggera stonatura e che mentre le sue parole erano sempre idealmente nobili e delicate, i suoi atti troppo spesso rasentassero la volgarità.