Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/329

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dopo il tramonto. In sala si sentiva un calpestio di passi rapidi e leggeri.

Adelaide riconobbe la voce della signora Beatrice, la moglie del farmacista; sentì bisbigliare il suo nome e quello di Dorotea.

— Povera Dorotea!

— Speriamo che domani stia meglio.

— Speriamo! Ma con questi continui dispiaceri!...

Passò Laura, trascinando le gambe, carica d'una brocca d'acqua calda e di pannolini per fare i bagni a Dorotea che s'era messa a letto coll'emicrania.

Adelaide tendeva l'orecchio ai rumori, immobile nell'ombra che avanzava. Le ultime lagrime le colavano lentamente lungo le guance, tra le ciocche irte e incomposte di capelli; ella ne sentiva il sapore amaro e salso e non aveva la forza d'asciugarsi il volto.

Le pareva che le avessero disseccato l'animadalle sorgenti.... che le avessero sradicato fin dalle midolla ogni forza di vita.... una stanchezza fisica profonda la prendeva, uno stupore quasi ignaro di quanto era successo.

Era vero? quanto tempo era passato?... ed ora? che avrebbe fatto? e domani? e Antonio?...

A un tratto una gran luce le attraversò l'anima.

— Egli, egli, verrà!

E l'indomani Antonio, sedendo a tavola dopo recitato il «Benedicite», le fece il solito sorriso tranquillo e bonario, e la vita riprese per tutti la sua immutabile fisionomia.