Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/39

Da Wikisource.

E come soleva dirlo ogni volta che si trovavano riuniti, tutti, compreso don Evaristo e il dottor Fabrizi, accolsero la notizia in dignitoso silenzio. Anzi il dottor Fabrizi pensò irriverentemente: Gli altri parenti se li è mangiati l'albero.

Incombeva su tutti quel silenzio un po' nervoso che precede le colazioni.

— Folco, Eufrasia sa che sono arrivati? — chiese il conte Ademaro per ravvivare l' ambiente.

— È tanto cara....- sussurrò la contessa Clemenza alla baronessa Grola. — «So lieblich....», — ripetè poi ricordando che la cugina, tedesca di Haufbeuren, dopo trent'anni che era in Italia non capiva ancora bene l'italiano.

La porta si aperse e comparve Rosa, col viso rosso come una fragola matura, pettinata da Giovanna con lungo studio e lungo soffrire, colla corona comitale sul petto, abbigliata col vestito di raso bleu electrique.

Vi fu un attimo di silenzio. Lo strascico ondeggiava qua e là abbastanza disinvolto. Tutti gli occhi si posarono su di lei e decretarono all'unanimità: Non sa portarlo.

E anche le credenze panciute, e le poltrone rococò, e le terraglie allineate sulla mensola ammiccarono fra loro e dissero: Non sa portarlo.

E tosto gli occhi di tutti saltarono dal vestito terribile alle sue grosse mani.

— Mia figlia.... la nostra cara figlia.... il barone e la baronessa Grola.... don Giovanni Novelli.... il conte Fiano....