Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/47

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venisse al mondo in tanta gioia d'attesa, che non conoscesse mai la miseria, le privazioni, la volgarità che accompagna il bisogno....

Ella non poteva lavorare per «lui». Quand'era a casa, non aveva cucito che dei sacchi, ed ora, solo toccando i tessuti meravigliosi che componevano il corredo del suo piccolo, ella temeva di sciuparli....

Dalla finestra, di tra gli alberi che gennaio aveva liberato ormai da ogni fronda, si sarebbe ora potuto veder chiaramente la casetta dei suoi, ma ella non guardava più, il cannocchiale dormiva dimenticato. Quando era sola ella parlava col suo bambino; le sue mani posavano sul ventre enorme e aspettavano trepide le pulsazioni del piccolo essere, tentavano quasi di indovinarne e di accarezzarne la forma. Il suo volto dimagrito raggiava di felicità, le sue sofferenze le erano care.

— Come stai, Suni? — chiedeva Folco affrettatamente quando rincasava dalle sue corse in carrozzino.

— Sto bene, — rispondeva sempre la gestante, e gli sorrideva.

Gli sorrideva con occhi un po' assorti, quasi scuotendosi da un sogno, tornando a fatica dal dolce paese dove era stata con lui.

Dacchè ella era incinta Folco era meno affettuoso e si faceva vedere di rado, aveva ripreso quasi la vita di scapolo.

Andava a Udine ogni sera colla charrette e rincasava assai tardi; forse aveva ripreso a giuocare; qualche volta si assentava per pomeriggi