Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/49

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Una donna vestita di rosso cogli spilloni d'argento in testa presentò alla puerpera il piccolo essere incipriato e infioccato come un agnellino pasquale.

Rosa, pallidissima, appoggiata ad una montagna di cuscini, tese le braccia e prese il neonato.

Glielo portavano soltanto nelle ore dei pasti, perchè ella era stata molto malata e non lasciava ancora il letto, e il dottor Fabrizi aveva acconsentito a lasciarglielo allattare solo col patto che fosse ragionevole e permettesse ad una balia asciutta di averne cura durante la giornata e la notte.

Rosa, dinanzi alla minaccia di prendere una nutrice se non voleva accettare quei patti, aveva ceduto.

Di solito il bimbo entrava nelle stanze materne strillando. Egli era molto buono, dormiva per ore e ore, ma quando si svegliava aveva fame e gridava disperatamente per darne l'all'arme.

Quel giorno invece egli era sveglio e non piangeva. Girava qua e là gli occhietti grigi, e un po' di bava gli scendeva sul mento e sul bavaglino ricamato.

— Che vuol dire, così buono, così silenzioso? — mormorò Rosa appoggiando teneramente il volto a quello di lui.