Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/92

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Egli era in Germania da molto?... Non sarebbe più tornato in Italia?... Come si chiamava?...

Ella sorrideva, e sotto quel sorriso — era dolce? era distratto? era indifferente?... Nennè non sapeva, ma gli pareva un lembo di cielo della sua Italia, ma gli pareva qualche cosa della sua mamma, — egli a poco a poco si faceva coraggio, disserrava il suo cuore, raccontava.... e fra le vecchie cose straniere le bizzarre parole «terremoto, Messina, morte», passavano con un fremito di pianto trattenuto, colle visioni dolci e terribili di un altro cielo.

— Povero, povero ometto....- mormorò la signora quand'egli ebbe finito, e non aggiunse altro, quasi avesse compreso lo sforzo e il dolore di lui, e la migliore pietà del silenzio.

— Paolo, — disse a suo figlio, — dagli la mano.

Poi aggiunse: — Restiamo qui ancora qualche giorno. Torneremo. Addio, Nennè. — Ed uscirono.

Egli, immobile sulla soglia del basso portoncino, li guardò allontanarsi, vide il piccolo marinaio all'angolo della strada volgersi, e salutare agitando il berretto.

Rosso, cogli occhi sfavillanti, si precipitò dalla nonna:

— «Oh grand'mère, grand'mère! Ils étaient italiens! Ils réviendront! J'ai tout expliqué! très bien expliqué! Ils réviendront!...»