Pagina:Dumas - Il tulipano nero, 1851.djvu/270

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Ei sapeva che questa volta Rosa non verrebegli dietro.

Non avvi cosa più spiacevole a chi sia in vena di stizza, della indifferenza di coloro, cui deve essa dirigersi.

Fatta la spesa, si vuol godere. Uno che siasi montato la testa, uno che abbiasi messo il sangue a bollore, vuole almeno la soddisfazione di una piccola scarica.

Ogni onesto briccone, che abbia aguzzato il suo cattivo genio, desidera di fare almeno una buona ferita a qualcuno.

Così Grifo, vedendo che Cornelio non fiatava, si mise a interpellarlo con un vigoroso:

— Ohè! ohè!

Cornelio canticchiò tra’ denti la canzone dei fiori, triste ma graziosa canzone.

Del fuoco segreto
     Del fuoco, che serra
     Per entro ogni vena
     Fecondo la terra;
Dell’Alba dai crini
     Lucenti, vermigli,
     E della rugiada
     Noi tutti siam figli.
Siam figli dell’aria,
     Siam figli del rio,
     Ma prima di tutto
     Siam figli di Dio.

Questa canzone di un’aria calma e soave accresceva la placida melanconia, esasperava Grifo.

Percosse l’impiantito col suo bastone, gridando: