Pagina:E supremi apostolatus (edizione Roma 1903).djvu/7

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Ci atterrivano, sopra ogni cosa, le funestissime condizioni, in che ora versa l’umano consorzio. Giacchè chi non iscorge che la società umana, più che nelle passate età, trovasi ora in preda ad un malessere gravissimo e profondo, che, crescendo ogni dì più e corrodendola insino all’intimo, la trae a rovina? Voi comprendete, o Venerabili Fratelli, quale sia questo morbo; l’apostasia da Dio: di cui nulla in vero è più congiunto collo sfacelo, stante la parola del Profeta: Ecco che coloro i quali da te si dilungano, periranno1. — Vedevamo pertanto che, in forza del pontifical ministero, che Ci si voleva affidato, Ci era d’uopo di accorrere a rimedio di tanto male, stimando come vólto a Noi quel comando divino: Io ti ho oggi costituito sulle genti e sui regni, affinchè svella e distrugga, ed edifichi e pianti2. Ma consapevoli della Nostra fiacchezza, rifuggivamo spaventati da un cómpito quanto urgente altrettanto difficilissimo.

Pure, poichè al volere divino piacque di sollevare la Nostra bassezza a tanta sublimità di potere, pigliamo coraggio in Colui che Ci conforta; e ponendoci all’opera, appoggiati nella virtù di Dio, proclamiamo di non avere, nel supremo pontificato, altro programma, se non questo appunto di ristorare ogni cosa in Cristo3, cotalchè sia tutto ed in tutto Cristo4. — Non mancheranno di sicuro

  1. Ps. lxxii, 27.
  2. Ierem. i, 10.
  3. Ephes. i, 10.
  4. Coloss. iii, 11.