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perchè scrivo così buoni libri 101

confrontato con esso tutto il resto dell’attività umana appare povero e limitato. Che un Goethe, uno Shakespeare non potrebbero vivere un momento in quest’atmosfera di passione immane e a una simile altezza, che Dante, confrontato con Zarathustra, appare soltanto un credente e non un creatore della verità, uno spirito dominatore, un destino, che i poeti del «Veda» sono dei preti, e neppur degni di sciogliere i lacci delle scarpe a Zarathustra, tutto ciò è il meno che si possa dire e non vale a dare un concetto della distanza, dell’azzurra solitudine in cui vive quest’opera. Zarathustra ha un eterno diritto di dire: «Io segno intorno a me dei circoli e dei confini sacri; sempre minor numero di gente m’accompagna nella mia salita su monti sempre più alti; io costruisco una montagna di monti sempre più sacri». S’immaginino, raccolti in uno, lo spirito e la bontà di tutte le grandi anime: tutte insieme non sarebbero in grado di fare un discorso di Zarathustra. È immensa la scala per cui egli sale e scende; egli ha veduto più lontano, ha voluto più lontano, ha potuto più lontano che qualunque altro uomo.

Questo spirito ch’è il più affermativo che ci sia contraddice con ogni sua parola; in esso, tutte contraddizioni sono legate in una unità novella. Le forze più alte e le più basse della natura umana, ciò che v’ha di più dolce, di più leggero, di più terribile sgorga da una sola fonte con immortale sicurezza. Fino ad ora non si sa che cosa sia altezza, che cosa sia profondità: anche meno si sa che cosa sia verità. Non c’è neppur un attimo, in questa rivelazione della verità, che sia già stato preveduto, indovinato da qualcuno dei più grandi. Non c’è saggezza, non c’è analisi dell’anima, non c’è arte della parola, prima di Zarathustra; ciò ch’è più vicino a noi, più volgare, parla qui di cose inaudite. La sentenza trema di passione; l’eloquenza è divenuta una musica; dei lampi sono lanciati a illuminare un avvenire non ancora eliminato. La più possente forza immaginativa che mai sia esistita è povera cosa, è un gioco, al confronto con questo ritorno della lingua alla natura dell’immagine.

E come Zarathustra scende dalla montagna, e dice a ciascuno