Pagina:Elogio della pazzia.djvu/48

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della pazzia 35

gli dissi, date moglie all’uomo, perchè sebbene la donna sia un animale inetto e stolto, non lascia però di essere gaio e soave, e vivendo ella in dimestichezza coll’uomo, saprà temperare colla sua pazzia l’umor aspro e triste di lui.

Allorquando Platone sembrò dubitare, se metter dovesse la donna nel genere degli animali ragionevoli o in quello de’ bruti, non volle con ciò significare che la donna sia una vera bestia, ma pretese bensì di esprimere con tal dubbio l’immensa dose di follia di questo amabile animale. Se mai per avventura qualche donna si mette in capo di voler passare per savia, in tal caso non fa che mostrarsi doppiamente pazza, e fa a press’a poco come colui, che tenta d’ugnere un bue a suo dispetto coll’olio stesso col quale sogliono ungersi gli atleti. Credetemi pure che chiunque, andando contro alla natura, si copre col manto della virtù, oppure affetta una non propria inclinazione, altro non fa, se non moltiplicare i suoi difetti. Per la qual cosa, secondo il proverbio de’ Greci, la scimia è sempre scimia, ancorchè si vesta di porpora: così la donna è sempre donna, vale a dire è sempre pazza, qualunque sia la maschera che prenda.

Non voglio però credere giammai che il bel sesso sia stolto a tal segno, che meco prender se la voglia per quanto gli dissi, giacchè io pure son donna, e son la Pazzia: anzi mi pare, che maggiormente onorar non possa le donne, che associandole alla mia gloria; e se esse giudicano rettamente delle cose, confido, che mi sapranno buon grado di averle rese per molti titoli assai più fortunate degli uomini.

Primieramente hanno l’attrattiva della bellezza, che ben a ragione preferiscono a tutte le altre cose,