Pagina:Eminescu - Poesie, 1927.djvu/54

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l Introduzione


«Fin d’allora» — scrive Veronica Micle — «la tua figura conquistò la povera anima mia solitaria e triste.

Quando per la prima volta ti conobbi a Vienna, la tua modestia e l’arte con cui raccontavi certi fatti della vita dei grandi pensatori, fecero nascere in me quel sentimento di stima e di rispetto che ho sempre nutrito verso di te.

I sei mesi che son rimasta nella capitale dell’Austria mi parvero sei giorni.

Ti ricordi quando ti conobbi la prima volta dalla signora Löwenbach, la mia padrona di casa, e mi fosti presentato da Micle, che aveva fatto la tua conoscenza spinto da me?

Eri timido, e avevi sempre gli occhi chinati a terra; se non che le lodi ch’io ti feci per le belle poesie pubblicate nella Familia sembrarono lusingarti, ed allora mi rivolgesti uno sguardo che mi parve interrogativo. Divenimmo amici e discutemmo per ore intere di estetica e di poesia. Poi venisti a Iassy sempre modesto e brillante.

Incominciasti a scriver poesie sempre più geniali.

Quelle poesie io, nella follia della mia passione, le imparavo a memoria.

Quando ero sola, m’inebbriavo del profumo che emanava da esse.

Che tempi felici!1».

Ma, prima ancora di conoscerlo, Veronica Micle s’era innamorata di lui vedendo, dopo aver letto Venere e Madonna, un ritratto del poeta a casa di Maiorescu.

Compose allora questa poesiola che fu una delle prime della delicata poetessa che entrò più tardi anche lei a far parte della Junimea e divenne collaboratrice assidua delle Convorbiri Literare:



  1. Octav Minar, Cum a iubit Eminescu, cit., p. 36.