Pagina:Eneide (Caro).djvu/114

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[545-569] libro ii. 73

545Gode de la sua frode, e d’ogn’intorno
Scorrendo si rimescola, e s’aggira
Gran maestro d’incendi e di ruine.
A porte spalancate entran le schiere
Senza ritegno ed a migliaia, quante
550Nè d’Argo usciron mai nè di Micene.
Gli altri che prima entraro, han già le strade
Assedïate: stan con l’armi infeste
Parate a far di noi strage e macello.
Soli son fino a qui sorti in difesa
555I corpi de le guardie: e questi al buio
Fanno con lievi e repentini assalti
Tale una cieca resistenza a pena.
     Dal parlar di costui, dal nume avverso
Spinto, mi caccio tra le fiamme e l’armi,
560Ove mi chiama il mio cieco furore,
E de le genti il fremito e le strida
Che feriscono il cielo. E per compagni
Primieramente al lume de la luna
Mi si scuopron Rifeo, Ifito il vecchio,
565Ed Ipane e Dimante: indi comparve
Il giovine Corebo. Era costui
Figlio a Migdone, insanamente acceso
De l’amor di Cassandra: e come fosse
Già suo consorte, pochi giorni avanti


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