Pagina:Eneide (Caro).djvu/117

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76 l’eneide. [620-644]

620Tra nemici si vide; e come attonito
Restando, con la voce il piè ritrasse.
Come repente il vïator s’arretra,
Se d’improviso fra le spine un angue
Avvien che prema, ed ei premuto e punto
625D’ira gonfio e di tosco gli s’avventi;
Così dal nostro subitano incontro
Sovraggiunto in un tempo e spaventato,
Andrògeo per fuggir ratto si volse.
Ma noi che, impauriti e sconsertati,
630A la sprovista gli assalimmo in lochi
A lor non consueti, in breve spazio
Li circondammo, e gli ancidemmo alfine:
Tanto nel primo assalto amica e presta
Ne fu la sorte. E qui fatto Corebo
635D’un tal successo e di coraggio altero,
Compagni, disse, poi che la fortuna,
Con questo sì felice, agli altri incontri
Ne porge aita, a nostro scampo usianla.
Mutiam gli scudi, accomodianci gli elmi
640E l’insegne de’ Greci. O biasmo o lode
Che ciò ne sia, chi co’ nemici il cerca?
L’arme ne daranno essi. E, così detto,
La celata e ’l cimier d’Andrògeo stesso,
E la sua scimitarra e la sua targa


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