Pagina:Eneide (Caro).djvu/169

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128 l’eneide. [595-619]

595Novi e tristi infortunii, e fame ed ira
Degli Dei ne minaccia. Io da te chieggio
Avvertenze e ricordi, onde sia saggio
A tai perigli, e forte a tanti affanni.
     Qui pria solennemente Eleno, occisi
600I dovuti giovenchi, in atto umíle
Impetrò dagli Dei favore e pace;
Poscia, raccolto in sè, le bende sciolse
Del sacro capo; e me, così com’era
A tanto officio attonito e sospeso,
605Per man prendendo, a la febea spelonca
M’addusse avanti, e con divina voce
Intonando proruppe: O de la Dea
Pregiato figlio (quando a gran fortuna
È chiaro in prima che ’l tuo corso è vòlto;
610Tal è del ciel, de’ fati e di colui
Che gli regge, il voler, l’ordine e ’l moto)
Io di molte e gran cose che antiveggo
Del tuo peregrinaggio, acciò più franco
Navighi i nostri mari, e ’l porto ausonio
615Quando che sia securamente attinga,
Poche ne ti dirò: ch’a te le Parche
Vietan che più ne sappi; ed a me Giuno,
Ch’io più te ne riveli. In prima il porto,
E l’Italia che cerchi e sì vicina


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