Pagina:Eneide (Caro).djvu/201

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160 l’eneide. [245-269]

245Diluvïando, d’ogni parte in fuga
Ascanio, i Teucri, i Tiri ai più propinqui
Tetti si ritiraro; e fiumi in tanto
Sceser da’ monti, ed allagaro i piani.
Solo con sola Dido Enea ridotto
250In un antro medesimo s’accolse.
Diè di quel che seguì la terra segno
E la pronuba Giuno. I lampi, i tuoni
Fur de le nozze lor le faci e i canti;
Testimoni assistenti e consapevoli
255Sol ne fur l’aria e l’antro; e sopra ’l monte
N’ulularon le ninfe. Il primo giorno
Fu questo, e questa fu la prima origine
Di tutti i mali, e de la morte alfine
De la regina; a cui poscia non calse
260Nè de l’indegnità, nè de l’onore,
Nè de la secretezza. Ella si fece
Moglie chiamar d’Enea; con questo nome
Ricoverse il suo fallo; e di ciò tosto
Per le terre di Libia andò la fama.
265È questa fama un mal, di cui null’altro
È più veloce; e com’ più va, più cresce,
E maggior forza acquista. È da principio
Picciola e debbil cosa, e non s’arrischia
Di palesarsi; poi di mano in mano


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