Pagina:Eneide (Caro).djvu/209

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168 l’eneide. [445-469]

445Armarsi i legni, esser i Teucri accinti
A navigare. Onde d’amore e d’ira
Accesa, infurïata, e fuori uscita
Di sè medesma imperversando scorre
Per tutta la città. Quale ai notturni
450Gridi di Citeron Tïade, allora
Che ’l trïennal di Bacco si rinova,
Nel suo moto maggior si scaglia e freme,
E scapigliata e fiera attraversando,
E mugolando al monte si conduce;
455Tal era Dido, e da tal furia spinta
Enea da sè con tai parole assalse:
     Ah perfido! celar dunque sperasti
Una tal tradigione, e di nascosto
Partir de la mia terra? E del mio amore,
460De la tua data fè, di quella morte
Che ne farà la sfortunata Dido,
Punto non ti sovviene e non ti cale?
Forse che non t’arrischi in mezzo al verno
Tra’ più fieri Aquiloni a l’onde esporti,
465Crudele? Or che faresti, se straniere
Non ti fosser le terre, ignoti i lochi
Che tu procuri? E che faresti, quando
Fusse ancor Troia in piede? A Troia andresti
Di questi tempi? E me lasci, e me fuggi?


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