Pagina:Eneide (Caro).djvu/289

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248 l’eneide. [70-94]

70In più volti cangiossi e in più colori;
Sconmpigliossi le chiome; aprissi il petto;
Le battè ’l fianco, e ’l cor di rabbia l’arse;
Parve in vista maggior; maggior il tuono
Fu che d’umana voce; e poichè ’l nume
75Più le fu presso, A che badi, soggiunse
Figlio d’Anchise? Se non di’, non s’apre
Questa di Febo attonita cortina.
E qui si tacque. Orror per l’ossa e gielo
Corse allor de’ Troiani; e ’l teucro duce
80Infin de l’imo petto orò, dicendo:
     Febo, la cui pietà mai sempre a Troia
Fu propizia e benigna, onde di Pari
Già reggesti la man, drizzasti il tèlo
Contro al corpo d’Achille, io, dal tuo lume
85Scòrto fin qui, tanto di mare ho corso,
Tante terre ho girate, a tanti rischi
Mi son esposto; insino a le remote
Massíle genti, insin dentro a le Sirti
Son penetrato; ed or, per tua mercede,
90Di questa fuggitiva Italia il lito
Ecco già tocco, e ci son giunto alfine.
Ah! che questo sia il fine e qui rimanga
L’infortunio di Troia! È tempo omai,
Dii tutti e Dee, cui la dardania gente


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