Pagina:Eneide (Caro).djvu/321

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280 l’eneide. [870-894]

870Vidivi l’orgoglioso Salmonèo
Di sua temerità pagare il fio;
Chè temerario veramente ed empio
Fu di voler, quale il Tonante in cielo,
Tonar qua giuso e folgorare a pruova.
875Questi su quattro suoi giunti destrieri,
La man di face armato, alteramente
Per la Grecia scorrendo, e fin per mezzo
D’Èlide, ov’è di Giove il maggior tempio,
Di Giove stesso il nume, e de gli Dei
880S’attribuiva i sacrosanti onori.
Folle, che con le fiaccole e co’ bronzi,
E con lo scalpitar de’ suoi ronzoni
I tuoni, i nembi e i folgori imitava
Ch’imitar non si ponno: e ben fu degno
885Ch’ei provasse per man del padre eterno
D’altro fulmine il colpo e d’altro vampo
Che di tede e di fumo, e degno ancora
Che nel baratro andasse. Eravi Tizio,
Quei de la terra smisurato alunno,
890Che tien disteso di campagna quanto
Un giogo in nove giorni ara di buoi.
Questi ha sopra un famelico avoltore,
Che con l’adunco rostro al cor d’intorno
Gli picchia e rode; e perchè sempre il pasca,


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