Pagina:Eneide (Caro).djvu/339

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298 l’eneide. [1320-1344]

1320Pompa ne vedrà Roma e ’l Marzio campo!
Qual, Tiberino padre, a la tua riva
Nuova se n’ergerà funesta mole!
Germe non sorgerà del seme d’Ilio
Più di questo gradito, nè che tanto
1325De’ latini avi suoi la speme estolla;
Nè la terra di Romolo arà mai
Figlio onde più si pregi e più si vanti.
O pietà non più vista! o fede antica!
O virtù senza pari! E qual ne l’armi
1330Sarà? Chi sosterrà l’incontro suo
Pedone o cavalier ch’armato in giostra,
O pur nel campo, il suo nemico assalga?
Miserabil fanciullo! Così morte
Te non vincesse, come invitto fòra
1335Il tuo valore, e come tu, Marcello,
Non men de l’altro, eroica vertute
E più splendore e più fortuna avesti!
Datemi a piene mani ond’io di gigli
E di purpurei fiori un nembo sparga,
1340Che, se ben contro al già fisso destino
M’adopro invano, almen con questi doni
L’ombra d’un tanto mio nipote onori.
     Dopo ciò detto, per gli aerei campi
Vagando, a parte a parte e l’ombre e i lochi


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