Pagina:Eneide (Caro).djvu/463

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422 l’eneide. [645-669]

645E di timor d’insidie. E Niso intanto
Via più si studia; ed ecco un altro fiero
Colpo, ch’avea di già librato, e dritto
Di sopra gli si spicca da l’orecchio,
E per l’aura ronzando in una tempia
650Si conficca di Tago, e passa a l’altra.
Volscente acceso d’ira, non veggendo
Con chi sfogarla, al giovine rivolto,
Tu me ne pagherai per ambi il fio,
Disse, e strinse la spada, e vèr lui corse.
655Niso a tal vista spaventato, e fuori
Uscito de l’agguato e di sè stesso
(Che soffrir non poteo tanto dolore)
Me, me, gridò, me, Rutuli, occidete.
Io son che ’l feci: io son che questa froda
660Ho prima ordito. In me l’armi volgete:
Chè nulla ha contro a voi questo meschino
Osato, nè potuto. Io lo vi giuro
Per lo ciel che n’è conscio e per le stelle,
Questo tanto di mal solo ha commesso,
665Che troppo amato ha l’infelice amico.
     Mentre così dicea, Volscente il colpo
Già con gran forza spinto, il bianco petto
Del giovine trafisse. E già morendo
Eurïalo cadea, di sangue asperso


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