Pagina:Eneide (Caro).djvu/549

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508 l’eneide. [45-69]

45Così n’ha morte indegnamente estinto.
     Ciò detto, lagrimando il passo volse
Vèr la magione, u’ di Pallante il corpo
Dal vecchierello Acète era guardato.
Era costui già del parrasio Evandro
50Donzello d’armi; e poscia per compagno
Fu (ma non già con sì lieta fortuna)
Dato al suo caro alunno. Avea con lui
D’Arcadi suoi vassalli e di Troiani
Una gran turba. Scapigliate e meste
55Le donne d’Ilio, sì com’era usanza,
Gli piangevano intorno; e non fu prima
Enea comparso, che le strida e i pianti
Si rinovaro. Il batter de le mani,
Il suon de’ petti, e de l’albergo i mugghi
60N’andâr fino a le stelle. Ei poi che vide
Il suo corpo disteso, e ’l bianco volto,
E l’aperta ferita che nel petto
Di man di Turno avea larga e profonda,
Lagrimando proruppe: O miserando
65Fanciullo, e che mi val s’amica e destra
Mi si mostra fortuna? E che m’ha dato,
Se te m’ha tolto? or che, vincendo, ho fatto?
Che, regnando, farò, se tu non godi
De la vittoria mia, nè del mio regno?


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