Chè lunga, scabra, ripida è da prima;
Pur se l’erta n’arrivi, agevol fassi,
Benchè sì travagliosa. Ottimo è quegli
Che tutto per sè scorge, ed i più destri
Mezzi trova al suo fine. È buono ancora
Chi dei consigli altrui docil si giova:
Ma nulla val quell’uom che per sè stesso
È diserto di senno, e chiude l’alma
Alla saggezza altrui. Ma tu fratello,
Di Dio rampollo, dei precetti miei
Memore ognor t’adopra, onde ti fugga
La fame, e l’alma coronata Cere
Tarrida, e la magion t’empia di vitto:
Chè l’ignavo ha la fame ognora ai panni.
Uomini e Divi a sdegno hanno colui,
Che inerte vive, e pari ai pigri fuchi,
Che si divoran delle pecchie il frutto.
Ma sia tua cura l’eseguire a tempo
I tuoi lavor, perchè tue celle in ogni
Stagione sian ricolme; oro ed armenti
Son figli del lavor. Più caro ai Divi