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S’affida in grembo a vana speme, affonda
Nella miseria: chè gli manca un pane.
È rea la speme, che nutrica il pigro
Nei crocchi assiso, e a cui sia manco il vitto.
Mostra nel colmo della state ai servi
Le formiche, e dì lor: Non sempre avrete
Estate; la capanna or v’estruite
Fatevi schermo contro il triste mese
Che da Leneo16 si noma, avaro ai bovi,
E contro i geli, ond’irto il campo rende
Di Borea il buffo, che traverso i lidi
Di Tracia, altrice di puledri, arriccia
Del vasto mare il dorso, e campi e selve
Fa reböare: impettioso investe
Aërie querce e olenti pini a mille,
E al suol li incurva, e cupamente allora
Mugghia l’ampia foresta. Irti pel gelo
Hanno le belve i velli, e infra le cosce
Ristringono la coda. Irsuto tergo
Loro non giova se l’acuta brezza
Lor passa il folto ventre; anche dei buoi
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