Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 133 — |
D’onesto vitto in traccia. Abbandonata
L’Eölia Cuma e largo mar solcato,
Ei qui venne per nave, agi e tesori
Non per fermo fuggendo e lieta vita,
Ma travagliosa povertà che Giove
Manda ai mortali. D’Elicona al piede,
D’Ascra nel borgo misero, di verno
Triste, d’estate impronto, e non mai buono,22
Egli pose sua stanza. – Or ti rimembra
D’ogni lavoro, o Perse, il giusto tempo,
Ma sopratutto del solcare i flutti.
Buono un piccol navil, ma meglio a un grande
Fida la merce: maggior carco acquista
Lucro maggior, se il turbine furente
Frenano i venti. Se desio t’invoglia
Il pelago a tentar l’ardita mente
Per fuggire il bisogno e la ria fame,
Del mar sonante io ti dirò il costume,
Benchè ignaro di navi e mare io sia.
Perocchè mai non fendei coi remi
Il vasto Ponto, tranne allor ch’io giunsi
::768 – 651