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     D’onesto vitto in traccia. Abbandonata
     L’Eölia Cuma e largo mar solcato,
     Ei qui venne per nave, agi e tesori
     Non per fermo fuggendo e lieta vita,
     Ma travagliosa povertà che Giove
     Manda ai mortali. D’Elicona al piede,
     D’Ascra nel borgo misero, di verno
     Triste, d’estate impronto, e non mai buono,22
     Egli pose sua stanza. – Or ti rimembra
     D’ogni lavoro, o Perse, il giusto tempo,
     Ma sopratutto del solcare i flutti.
     Buono un piccol navil, ma meglio a un grande
     Fida la merce: maggior carco acquista
     Lucro maggior, se il turbine furente
     Frenano i venti. Se desio t’invoglia
     Il pelago a tentar l’ardita mente
     Per fuggire il bisogno e la ria fame,
     Del mar sonante io ti dirò il costume,
     Benchè ignaro di navi e mare io sia.
     Perocchè mai non fendei coi remi
     Il vasto Ponto, tranne allor ch’io giunsi

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